Gaza alla fame: Crisi umanitaria sotto assedio e aiuti bloccati

Gaza alla fame: Crisi umanitaria sotto assedio e aiuti bloccati

Le Nazioni Unite hanno definito Gaza “il luogo più affamato del pianeta”, mentre Israele continua a bloccare quasi completamente l’ingresso degli aiuti umanitari nella Striscia. L'intera popolazione palestinese, pari a 2,3 milioni di persone, è ormai sull’orlo della carestia, mentre i bombardamenti israeliani non accennano a fermarsi.

Jens Laerke, portavoce dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA), ha dichiarato che ogni singolo abitante di Gaza è vicino a una fame catastrofica. Ha denunciato che il numero di camion con aiuti che entrano è ridotto al minimo e non riesce a soddisfare i bisogni primari della popolazione.

Gli aiuti che riescono ad arrivare sono gestiti da una nuova ONG poco conosciuta: la Gaza Humanitarian Foundation (GHF), sostenuta da Israele e Stati Uniti. Questo gruppo, che agisce sotto supervisione militare, ha suscitato allarme tra gli operatori umanitari per le sue pratiche altamente militarizzate.

Venerdì, fonti ospedaliere a Gaza hanno riferito che 20 persone sono state colpite da colpi di arma da fuoco mentre cercavano disperatamente di ottenere cibo presso un punto di distribuzione della GHF, situato vicino al Corridoio Netzarim controllato da Israele.

Le immagini mostrano civili costretti a mettersi in fila in strutture simili a gabbie, circondati da carri armati e veicoli blindati. Altri punti di distribuzione, localizzati a Rafah, sono sorvegliati 24 ore su 24, e in molti riferiscono sparizioni forzate di persone che si erano recate a cercare aiuti.

Hani Mahmoud di Al Jazeera ha riferito che i siti GHF sono a pochi metri dalle postazioni israeliane. I civili devono rischiare la vita per ricevere un sacchetto di cibo, e sempre più famiglie denunciano la scomparsa di figli e parenti dopo essersi recati in queste aree.

Organizzazioni come Medici Senza Frontiere criticano duramente il sistema attuale. Accusano GHF di essere uno strumento per gli obiettivi di guerra israeliani, facilitando la deportazione dei palestinesi sotto il pretesto degli aiuti umanitari, piuttosto che fornire un soccorso imparziale.

Una carestia ufficiale viene dichiarata quando almeno il 20% delle famiglie soffre una grave mancanza di cibo, il 30% dei bambini è gravemente malnutrito, e quattro persone su 10.000 muoiono ogni giorno per fame o malattie legate alla malnutrizione. Secondo OCHA, queste condizioni sono già presenti a Gaza.

Michael Fakhri, relatore speciale ONU sul diritto al cibo, ha affermato che Israele sta usando gli aiuti “come esca” per spostare le persone dalle zone settentrionali verso aree militarizzate, violando gravemente i principi umanitari.

La crisi ha suscitato un’ondata di condanne internazionali. Il presidente francese Emmanuel Macron ha lanciato un monito da Singapore, avvertendo che la Francia potrebbe imporre sanzioni a Israele se non si interviene subito per alleviare la sofferenza della popolazione civile di Gaza.

Nel frattempo, gli attacchi continuano. Almeno 30 persone sono state uccise venerdì in bombardamenti su Deir el-Balah, Jabalia e Khan Younis. L’esercito israeliano ha intensificato le sue operazioni terrestri, costringendo circa 200.000 persone a fuggire con nuovi ordini di evacuazione nel nord della Striscia.

Hamas ha dichiarato di star esaminando una nuova proposta di cessate il fuoco statunitense, già approvata da Israele. Tuttavia, secondo Hamas, l’accordo nella sua forma attuale non prevede né la fine della guerra né la libera entrata degli aiuti.

Il portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt ha confermato che Israele ha accettato il piano, ma non sono stati resi noti dettagli ufficiali. Il funzionario di Hamas, Sami Abu Zuhri, ha ribadito che l’accordo è inaccettabile senza il ritiro israeliano e la piena apertura dei corridoi umanitari.

Il mondo osserva con crescente preoccupazione. Gaza è al collasso, con milioni di vite in pericolo. Senza un cambio radicale e immediato nella risposta internazionale, la crisi umanitaria rischia di trasformarsi in una tragedia irreversibile.

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